SOLIDARIETA’ AGLI IMPUTATI per i fatti del ’99

Come Collettivo RossoMalPolo aderiamo all’appello di solidarietà per quei 13 compagni che rischiano inaudite condanne per aver manifestato contro la guerra nel 1999, e che continuano a lottare per fare chiarezza e per vedersi riconosciuta finalmente giustizia.

Ogni giorno forze dell’ordine e istituzioni perpetrano atti di repressione e abusi che passano sotto il silenzio assenso e la disinformazione della cittadinanza tutta.

L’opinione pubblica non può più restare indifferente e attonita di fronte a questa situazione di crisi che si estende dalle fabbriche alle università, dai tribunali alle prigioni, dalle discariche agli acquedotti.

Invitiamo tutti coloro che credono che manifestare il proprio dissenso sia un DIRITTO e non un delitto ad aderire all’appello!

Il testo integrale dell’appello:

Il 5 novembre comincerà il processo di appello per i fatti avvenuti oltre dieci anni fa, il 13 maggio 1999, nei pressi del consolato statunitense di Firenze. Quel giorno migliaia di persone parteciparono a una manifestazione contro la guerra in Jugoslavia, che si concluse appunto sotto il consolato.

Vi fu un breve concitato contatto fra le forze dell’ordine e i manifestanti, per fortuna senza conseguenze troppo gravi, se non alcuni manifestanti contusi, fra cui una ragazza che dovette essere operata ad un occhio.

Nessuno, sul momento, fu fermato o arrestato, ma in seguito vi furono identificazioni e denunce.

Si è arrivati così alle condanne di primo grado, molto pesanti per i 13 imputati: ben SETTE ANNI, per le accuse di resistenza aggravata a pubblico ufficiale.

Nel dibattimento si sono confrontate le tesi – molto divergenti – delle forze dell’ordine e dei manifestanti.
Non intendiamo sindacare le procedure legali, né esprimere giudizi tecnico-giuridici sulla sentenza, ma ci pare che le pene inflitte in primo grado e le loro conseguenze sulla vita delle persone imputate, siano del tutto sproporzionate rispetto alla reale portata dei fatti.

Non vi furono, il 13 maggio 1999, reali pericoli per l’ordine pubblico o per l’incolumità delle persone, e non è giusto – in NESSUN caso – infliggere pene pesanti, in grado di condizionare e stravolgere l’esistenza di una persona, per episodi minimi: perciò esprimiamo la nostra pubblica preoccupazione in vista del processo d’appello, convinti come siamo che la giustizia non possa mai essere sinonimo di vendetta e nemmeno strumento per mandare messaggi “esemplari” a chicchessia.

Seguiremo il processo e invitiamo la cittadinanza a fare altrettanto, perché questa non è una storia che riguarda solo 13 persone imputate, ma un passaggio significativo per la vita cittadina e per il senso di parole e concetti che ci sono cari, come democrazia, giustizia, equità.
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