Nell’ambito del primo incontro del Forum sull’Autodeterminazione dei Popoli seconda edizione dal titolo “Grecia, oppure una tragedia: economia, diritto e movimenti dal basso”, abbiamo analizzato la questione greca da una duplice prospettiva: quella della teoria economica e quella del diritto internazionale.
Da un’ analisi economica indipendente, si capisce che la crisi greca è tutt’altro che una crisi del debito sovrano, come la teoria economica mainstream afferma, bensì è una crisi del sistema euro. Tralasciando le tappe e le teorie che hanno portato alla fondazione dell’unione monetaria e concentrandoci solo sul caso greco, si può affermare che la Grecia non aveva i requisiti per aderire all’euro.
Infatti l’economia greca era troppo debole per potere sopportare un apprezzamento così forte della sua moneta. Questo ha comportato da un lato un crollo della competitività del Paese in termini di esportazioni, ma dall’altra un grande afflusso di capitali stranieri (francesi e tedeschi soprattuttto) nel sistema bancario greco. Il conseguente boom del credito al consumo ha fatto crescere in modo esponenziale l’indebitamento privato, ma soprattutto i consumi privati, grazie ai quali l’economia greca ha retto fino allo scoppio della crisi finanziaria globale. A quel punto i nodi sono arrivati al pettine: la Grecia si è trovata fortemente indebitata verso l’estero e allo stesso tempo con un sistema industriale ancora più debole dell’epoca pre-euro. Ad aggravare la situazione è stata la gestione della crisi a livello europeo: i vari bailout in realtà hanno avuto lo scopo di salvare le banche francesi e tedesche che avevano finanziato in modo scriteriato il sistema bancario greco, scaricando di fatto il costo della loro irresponsabilità sul popolo greco e sugli altri Paesi europei. La Grecia ora si trova in trappola: se rimane nell’euro, sarà costretta a proseguire le politiche economiche di austerity che hanno già messo in ginocchio il popolo greco; se esce dall’euro si troverà ad affrontare una svalutazione fortissima che non è detto che favorisca un aumento della competitività, dato che il sistema industriale greco è a pezzi.
Sul piano giuridico sono emersi diversi dubbi sulla legittimità delle misure di austerità imposte.
Ciò a cui assistiamo sono tagli sistematici alla spesa pubblica, politiche tributarie regressive, riforme strutturali al mercato del lavoro che flessibilizzano e riducono le protezioni dei lavoratori , innalzamento dell’età pensionabile con parallela introduzione del sistema contributivo (che condanna di fatto le future generazioni a percepire pensioni di misera). Tutta questa macelleria sociale viene giustificata come mezzo per restaurare la fiducia degli investitori, per incentivarli ad investire nel mercato nazionale, determinando una teorica crescita del PIL. Inoltre tali attacchi ci vengono presentati come inevitabili, se non addirittura positivi, tacendo che il prezzo da pagare comporta una drammatica riduzione e marginalizzazione del ruolo dei sindacati e della contrattazione collettiva. Di fatto il perseguimento di una stabilità economica e finanziaria funge da giustificazione alla messa in crisi della stabilità sociale, del modello sociale europeo e dei diritti sociali. Tuttavia, ciò sarebbe vietato secondo il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea che prevede che qualsiasi azione dell’Unione e dei suoi stati membri debba essere conforme ai diritti sociali fondamentali, riconosciuti dalla Carta Sociale Europea e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dei Lavoratori del 1989.
Il secondo punto di criticità riguarda il profilo di democraticità dei processi decisionali degli stati nazionali e dell’Unione Europea, dal momento che molto spesso i programmi di assistenza finanziaria ai paesi indebitati, come i “Memoranda d’intesa” della Troika (FMI, BCE e Commissione europea), non hanno seguito procedure democraticamente legittimate. Decisioni che hanno fortemente ridimensionato la sovranità degli stati nazionali, sono state di fatto prese da organismi non democraticamente legittimati, senza il minimo coinvolgimento delle parti sociali o dei Parlamenti nazionali, se non ex-post in fase di ratifica degli accordi.
Appare dunque necessario interrogarsi se tali misure possano non essere l’inevitabile risposta alla crisi economica, bensì il frutto di una precisa volontà politica ideologicamente orientata dal neoliberismo.
Infine, Monica Raineri di Una città in comune, ha presentato un progetto di solidarietà dal titolo “Nè Angeli, Nè Draghi”(http://unacittaincomunefirenze.it/progetta-solidarieta-grecia-2015/), che consiste nel sostenere economicamente la fabbrica autogestita Vio.Me. I prodotti di questa fabbrica (saponi e detergenti) vengono poi ripartiti tra altre tre realtà: due cliniche autogestite e un gruppo di auto-aiuto tra donne. Infatti, le politiche di austerity non solo hanno smantellato un servizio sanitario nazionale già selettivo, ma hanno anche provocato un generale impoverimento e abbrutimento della società greca, che di fatto ha favorito un incremento della violenza sulle donne. Fortunatamente, la società civile greca sembra stare reagendo: in tutta la Grecia sono sorte cliniche autogestite che forniscono servizi sanitari gratuitamente a tutti e lottano per un servizio sanitario nazionale universale. Inoltre, sono nati diversi gruppi di solidarietà dal basso non solo tra e per le donne, ma anche a favore dei migranti .
Dall’esperienza greca si impara che soltanto ripartendo dai movimenti dal basso i popoli possono autodeterminarsi, poiché qualsivoglia iniziativa parlamentare verrebbe stroncata dall’alto, come è successo al primo governo Tsipras.
“La solidarietà è una prassi rivoluzionaria”
Motto di una clinica autogestita di Salonicco
Collettivo RossoMalpolo
LINK UTILI:
Report della Commissione sul debito greco
Appello della fabbrica autogestita Vio.me.
Documento di un centro studi tedesco che sfata molti falsi miti sulla crisi greca
documentario sulla Vio.me.