Novoli, quella storia che l’UniFi non racconta.

A molti, arrivando a Novoli, capita di chiedersi: “ma a chi c***o è venuto in mente di costruire questo posto?” o “ma com’è che sto posto fa schifo? Non dovrebbe essere una Università?”

Non vogliamo darvi una risposta, potete farlo da soli. Quello che è necessario, magari, è raccontare la sua storia:

Il terreno dove ora sorge il complesso viene dato, a partire dal dopoguerra, in comodato alla Fiat e che poi, per vie “poco chiare” ne diviene proprietaria. L’azienda vi costruisce uno stabilimento che ha rappresentato, per molti anni il fulcro attorno a cui si le famiglie degli operai, ma anche l’intero quartiere, avevano impostato le loro vite. Essi vengono ben presto traditi dall’azienda che, per sfruttare il terreno in modo più proficuo, trasferisce lo stabilimento a Campi e licenzia quasi i due terzi dei dipendenti. Infatti, negli anni ‘80, la Fiat aveva compreso che il terreno avrebbe reso molto di più se vi fossero state costruite abitazioni. Per questo nell’83, con ovvie ma maestralmente celate pressioni della Fiat, il Comune di Firenze, cambia, nel proprio piano regolatore, la destinazione dell’area da produttiva a residenziale. L’approvazione arriva però solo nel ’96 con un accordo di programma tra il presidente del Consiglio regionale, quello della provincia ed il sindaco (senza questo passaggio la Fiat non avrebbe potuto iniziare a costruire).

Ma nel frattempo la Fiat pensa bene di cercare un modo di riqualificare la zona (ovviamente non per ragioni di filantropia o amore per il quartiere, ma per poter elevare il valore degli immobili che aveva in progetto di costruire) e lo trova a “spese” (e non è un modo di dire) dell’Università degli Studi di Firenze. Infatti nel ’91 il Consiglio di Amministrazione dell’Università si dichiara interessato all’insediamento di un proprio Polo nella zona e si paventa l’acquisto di un lotto (da molti fra i tecnici successivamente giudicato il peggiore) fra quelli di proprietà della Fiat.

Viene istituita una commissione cui fanno parte anche i Presidi delle facoltà interessate al trasferimento nel futuro Polo delle Scienze Sociali ma senza alcun potere effettivo. Gli stessi Consigli di Facoltà non vengono consultati, se non a cose fatte.
Ancor prima dell’approvazione definitiva del progetto da parte dell’Università (avvenuta nel ’97) l’allora Direttore Amministrativo ebbe l’incarico (siamo nel Maggio del ’95) di avviare le procedure di acquisizione. L’approvazione definitiva avviene il 10 luglio del 1997 dopo un iter lungo e laborioso, a testimonianza di decisioni prese in luoghi molto diversi da quelli collegiali dove le stesse poi, gioco forza, venivano imposte dal Rettore Blasi e dai suoi fidi galoppini e ratificate negli stessi. Gli unici voti contrari sono quelli di due docenti, dei rappresentanti del personale tecnico amministrativo e dei rappresentanti degli studenti della lista Studenti di Sinistra, mentre Lista Aperta, sebbene ora si dichiari scandalizzata dai limiti della struttura, vota a favore.

Come Collettivo RossoMalPolo assieme Studenti di Sinistra ci siamo opposti sempre a questo progetti per svariati motivi:

L’iter appena illustrato che ha portato alla decisione di costruire un polo universitario a Novoli e la profonda distanza che sentiamo rispetto alla pratica politica che ha prodotto questa decisione, ovvero mascherare presupposti sociali con il solo intento di arricchire qualcuno (Fiat) e favorire altri (Blasi e scagnozzi). Inoltre alla Fiat, oltre ad aver incassato la vendita dell’area edificabile (per circa 50 miliardi, che, ricordiamo, sono fondi pubblici), viene affidata anche la progettazione e la costruzione stessa del Polo (vale a dire che l’università, invece di affidare il lavoro al proprio ufficio tecnico, come dovrebbe essere, compra a scatola chiusa terreno progetto ed edificazione). Infatti, l’impresa costruttrice FuturaUno vede come azionista principale proprio la Fiat cui seguono, con quote minori, Cassa di Risparmio, Banca Toscana e Monte dei Paschi di Siena.

L’evidenza, fin dal principio (i consiglieri di amministrazione avevano tutti la possibilità di visionare e valutare i progetti), che la struttura sarebbe stata insufficiente per accogliere gli studenti e i docenti di tre Facoltà. Inoltre, il piano iniziale non prevedeva la mensa e palesava una mancanza di spazi di socializzazione e di studio.

Non è mai stato fatto nessuno studio serio di impatto ambientale (previsto per legge) in merito all’opera da costruire ne tantomeno sul quartiere (aumento certo del traffico, situazione parcheggi e trasporti, strutture ricettive del quartiere). Peraltro lo stesso Consiglio di quartiere 5 (zona di Novoli e Careggi) era profondamente contrario.

Il progetto di Novoli non solo ha ignorato le critiche dei docenti (pochi in verità) e le proteste degli studenti, ma ha scavalcato, per ovvie ragioni di profitto e favoreggiamento, le stesse disposizioni della legge finanziaria del ’97 (quindi anteriori all’approvazione finale del progetto da parte del Cda) che prevedeva l’obbligo per tutti gli enti pubblici di recuperare strutture inutilizzate appartenenti al demanio e per l’Università l’obbligo esplicito di rilevare gli edifici dismessi di proprietà dello stato “in uso perpetuo e gratuito” (proprio in quel periodo, tra i numerosi esempi, vi è quello della liberazione di una serie di edifici militari che appartenevano al demanio, tra cui l’ex ospedale militare di San Gallo, che avrebbero permesso all’Ateneo di risparmiare centinaia di miliardi). In merito gli Studenti di Sinistra, da sempre contrari al progetto e promotori di progetti alternativi, depositano un esposto che avvia un accertamento da parte della Corte dei Conti. Nello stesso anno la facoltà di Architettura, chiamata a dare la sua opinione sull’accordo tra l’Università e la Fiat per l’acquisto dell’immobile universitario, si esprime per il no, per motivi architettonici ed urbanistici.

Senza dubbio il motivo più consistente è la consapevolezza che il bilancio dell’Ateneo sarebbe stato definitivamente affossato da questa speculazione edilizia e che l’Ateneo avrebbe dovuto, negli anni a venire tagliare enormemente su didattica, servizi agli studenti, personale e ricerca; cosa che poi è accaduta. Basti pensare che, a gestione ordinaria, il disavanzo di amministrazione dell’Ateneo sarà di 23 milioni di euro nel 2004 e di 72 nel 2005 se non verranno operati tagli alla didattica per 4 milioni, alla ricerca per 7, un aumento delle tasse di 4 milioni di euro (con sforamento dei limiti previsti per legge) e l’accensione di un mutuo di 12 milioni di euro (come previsto dal piano di sviluppo triennale).

Questo era il progetto di molti. Della Fiat, di Blasi e dei suoi burattini, del Comune, di tanti affaristi, di banche e partiti, di tanti politici interessati, di chi è rimasto a guardare, di Lista Aperta… ma non certo nostro. Non certo degli studenti.